L’assassinio
di chi mette a repentaglio la propria
vita per chiedere giustizia è un dolore che tutta l’umanità deve sentire nel
proprio corpo, e a maggior ragione quando vittime di ciò sono ragazzi giovani.
Per 43 volte abbiamo ricevuto questa pugnalata, lo scorso 26 settembre, dal
Messico: 43 ragazzi tra i 16 e i 26 anni sono stati sequestrati in una zona di
estrema povertà ed ingrossano ora le file dei “desaparecidos” di cui da decenni
si sente parlare, non solo in territorio messicano. La morte è sempre un fatto
tragico, ma ancora più aberrante è quando avviene per mano dello Stato,
dall’entità cioè che dovrebbe prendersi cura del benessere dei propri
cittadini, garantendogli diritti, libertà d’espressione, e sancendo
l’illegittimità di qualsiasi crimine perpetuato nei confronti dell’essere
umano.
I 43 ragazzi mesicani si
dirigevano quel giorno dalla loro piccola comunità verso la città di
Iguala, come avevano fatto altre volte, con l'intento di
chiedere appoggio economico per poter sostenere
la loro scuola, la “Raúl Isidro Burgos” a Chilpanchingo, e
per organizzare una manifestazione commemorativa il 2
ottobre, altra data tragicamente nota nella loro patria (il massacro
di studenti a Città del Messico nel 1968).
Gli
autobus in cui viaggiavano i ragazzi sono stati fermati dalla polizia federale
all'ingresso della città e poco dopo, non è ancora chiaro il motivo, i federali
hanno aperto il fuoco. Hanno subito ferito due giovani, e ne hanno sequestrato
un terzo. Inoltre nella sparatoria sono morti una signora che in quel momento
passava in taxi, e un giocatore di calcio che viaggiava in un altro autobus con
la sua squadra e l’autista. In seguito il numero degli studenti scomparsi
aumentò a 43.
Secondo
fonti non ufficiali i giovani sequestrati sono stati consegnati ai narcos
mentre, lo stesso giorno, la signora María de los ángeles Pineda Villa, moglie
del sindaco di Iguala, José Luis Abarca, doveva rendere noto il suo
operato come presidentessa del DIF (Desarrollo Integral de la Familia). Ad oggi
la signora Pineda è segnalata dalla Procuradoría General de la República come
una dei tre mandanti dell’assassinio di 6 persone e la scomparsa di 43 ragazzi.
Gli atri due accusati sono il sindaco Abarca e Felipe Flores Valázquez,
segretario della Sicurezza Pubbilca Municipale. Si considera che il movente
fosse appunto l’intenzione di non permettere ai giovani manifestanti di
sabotare l’atto pubblico della primadonna Pineda Villa. La stampa messicana fa
sapere che la moglie del sindaco proviene da una famiglia con implicazioni nel
mondo del crimine: suo padre e almeno tre dei suoi fratelli sono accusati di
avere vincoli col crimine organizzato e i narcotrafficanti che esportano droga
negli Stati Uniti (due di loro sono stati assassinati nel 2009 per un
regolamento di conti).
La
versione ufficiale data dalla PGR (Procuradoría General de la República), che è
quella che circola nei mass media, non ha fondamento scientifico, come dichiara
l’artista messicana Concepción García Sánchez nell’articolo apparso nel nostro
blog: “lo Stato dichiara che sono stati bruciati in una notte di pioggia, poi
le ossa rimaste sono state sminuzzate, raccolte in dei sacchetti di plastica
gettati in un fiume. Una spiegazione alquanto sbrigativa e che non regge!
Perché per bruciare una persona ci vogliono da 1400/1800 gradi Fahrenheit e
circa 3 ore; sarebbe stato possibile bruciarne 43 in una notte di pioggia?”.
Il
risultato di questo complotto del “Narco-Stato” è che decine di ragazzi che si
preparavano per diventare maestri delle scuole elementari e medie, per il solo
fatto di richiedere delle condizioni più giuste e di protestare contro la
corruzione, sono stati fatti sparire. La richiesta dei loro familiari di “vivos
se los llevaron, vivos los queremos” similare al famoso “aparición con vida”
delle Madres de Plaza de Mayo argentine, non è un appello utopico che non
guarda in faccia la realtà, è una maniera di non far insabbiare il caso finchè
giustizia non sia fatta.
In
tutto il mondo, in seguito ai tragici avvenimenti di Ayotzinapa, sono sorte
spontaneamente manifestazioni di protesta contro il governo messicano, atti di
ripudio verso gli attuali governanti e marce di solidarietà nei confronti delle
famiglie degli scomparsi. Degli artisti centroamericani, tra cui
poeti da noi stimati come Lourdes Soto e Perla Rivera, dell’Honduras, e il
salvadoreño Otoniel Guevara, si sono coordinati allo scopo di organizzare
eventi simultanei ognuno nel proprio paese; il tam tam ci è giunto dal
poeta costaricano Randall Roque.
Il
Progetto 7LUNE, con sede a Venezia, si vuole unire formalmente al coro di voci
che stanno insorgendo a chiedere giustizia, e lo fa con l’organizzazione di una
lettura di poesie e canzoni sulla tematica dei diritti umani in America Latina
che si terrà il 28 dicembre prossimo, alle ore 16,30 presso la Casa dei
diritti sociali, in Campo Santa Margherita a Venezia, in cui ci appoggerà anche
l’Associazione Amicizia Italia Cuba, sezione Venezia.
Ci proponiamo di far giungere la storia dei 43
“normalistas” anche agli studenti di qui, poiché crediamo che sia importante la
presenza di giovani italiani che possano identificarsi nella lotta dei loro
coetanei messicani, affinché la richiesta di giustizia sia un’unica voce di
ragazzi da tutto il mondo. Tutta l’umanità deve sentirsi indignata di fronte a
queste aberrazioni. Tutti siamo Ayotzinapa!
Nota bene: Durante la manifestazione chi
vorrà potrà dare un segno tangibile di solidarietà a questa causa facendosi
fotografare con il cartello da noi preposto “Io sono Ayotzinapa”: le foto saranno inserite nel nostro blog
e pagina Facebook e si aggiungeranno alle diverse manifestazioni di solidarietà
che vengono inviate ai familiari degli scomparsi. Anche le persone che non
potranno essere presenti a Venezia ma che intendono “mettere la faccia” a
favore di questa causa, possono fotografarsi a mezzo busto con un cartello
bianco che dice “Io sono Ayotzinapa” ed inviarcelo all’indirizzo email: info7lune@gmail.com con il proprio nome e cognome, sarà
nostra cura raccoglierle e pubblicarle nella pagina dell’evento e farle
giungere in Centramerica.
Nessun commento:
Posta un commento
Grazie!